Dopo anni di interminabile attesa finalmente è arrivato il
giorno della partenza per quella che da almeno 15 anni è stata la nostra meta
dei sogni. Prima c'era Davide troppo piccolo per goderci pienamente la vacanza,
poi i dubbi: viaggio organizzato costosissimo con geologo e superjeep oppure
singolo? Nave + camper oppure aereo + auto + hotel? Eccoci ad una decisione
(rivelatasi a fine viaggio più che saggia) aereo + furgone 4x4 camperizzato!
8 giugno
Il volo Icelandair delle 17.30 decolla con 30 minuti di
ritardo. Sono le 20 (ora locale) quando, dopo aver attraversato ben tre dense
coltri di nubi, atterriamo al modesto, ma all’avanguardia, aeroporto di Reykjavik.
Ad accoglierci un gruppo rock di grintosi ragazzini biondi intona le note della
canzone dei Daft Punk. Restiamo ad ascoltarli nell’attesa di incontrare il
nostro ‘car-rental’ (
link). Dopo un po’ di attesa ecco arrivare una
signora sorridente (sarà perché è islandese, ma a me è subito simpatica!) Raggiungiamo
il marito che ci attende nel furgone e percorriamo i 35 chilometri che separano
l’aeroporto da Reykjavik. Sono molto felice: il cielo è bigio, l’autostrada
attraversa una landa desolata, ma io sono in Islanda e mi sento comunque in
paradiso!
Già da lontano scorgo la
Hallgrímskirkja che domina su tutti quegli edifici squadrati dal tetto multicolore:
eccola, la chiesa che per anni ho visto sulla mia raccolta di libri, brochures e
ogni cosa parlasse dell’Islanda, eccola... esiste davvero!!! Non si viene in
Islanda per l’architettura, questo lo sapevo, le case sono molto essenziali,
invidio solo le grandi finestre e cerco di allungare il mio sguardo aldilà
delle tendine in pizzo finto per curiosare un po’ nell’intimità di questa
gente.
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Vista dal B&B |
La famiglia che offre servizio navetta, b&b per la prima e l’ultima
notte di soggiorno e noleggio del furgone camperizzato, vive in uno dei
parallelepipedi ai piedi della chiesa, d’obbligo togliersi le scarpe prima di
entrare e d’obbligo togliersi giacca e maglione perchè in casa fa un caldo
boia... (il riscaldamento geotermico costerà poco). Scambiamo quattro
chiacchere con la signora Sigrún Unnsteinsdóttir e ci corichiamo (visto che per
noi sarebbe mezzanotte). Oscuriamo le finestre e buona notte!
9 giugno
Nonostante l’appuntamento per la colazione sia alle 8 siamo
già svegli alle 6.30. Sfogliamo i libri fotografici sull’Islanda a disposizione
degli ospiti e tiriamo l’ora. Dopo la sostanziosa colazione eccoci al nostro
primo incontro con il ‘mezzo’: un giallissimo Volkswagen Transporter 4x4 con
tanto di tetto azzurro con nuvolette. Mezzo da intendersi come ‘mezzo
camper’... perchè l’allestimento consiste in: una borsa frigo inchiodata al
pavimento, un mobiletto minimal con catino x l’acqua e fornelletto da
campeggio, panchette-letto e asse di legno trasformabile in tavolo. Sigrún ci
fornisce di stoviglie, biancheria da letto, tanica d’acqua ad uso rubinetto e
navigatore. Bhè, abbiamo tutto... basta solo organizzarsi... Ale alla guida se
la cava come un trattorista al suo primo impiego. Nonostante il primo impaccio
il ‘mezzo’ si muove, eccoci sulle strade islandesi! Cercando un supermercato
per fare un po’ di scorta ci imbattiamo nella chiesa dalle forme che ricordano
una serie di colonne di basalto; ne approfittiamo per una visita.
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La facciata dell'Hallgrímskirkja |
Prendiamo
l’ascensore che raggiunge la cima del campanile e scattiamo qualche foto sui
tetti della città. L’interno della chiesa è abbastanza spoglio, ma dedichiamo
qualche minuto ad ascoltare un giovane che suona il maestoso organo a canne.
All’uscita diamo un salutino alla statua di Leif il Felice, l’esploratore
vichingo che per primo scoprì l’America, e riprendiamo la nostra ricerca del
supermercato. Spesona di 180 Euro che - spero - basterà per tutta la vacanza,
ed eccoci pronti a lasciare ogni comodità. Per oggi prevediamo di percorrere
quello che è detto il ”Circolo d’Oro”. Il tempo non è granchè, ma non piove e
questo è già tanto. Il primo monumento che incontriamo è Þingvellir: una
pittoresca vallata immersa in un ondulato paesaggio di colate laviche. Qui è
possibile vedere il rift tra la zolla nordamericana e quella europea e
attraversare una serie di spettacolari spaccature. Il centro visitatori
proietta filmati esplicativi del fenomeno che sta portando le placche ad
allontanarsi l’una dall’altra di ben un millimetro all’anno. Ale e Davide si
fanno una bella passeggiata mentre io mi scontro con l’essenzialità del camper nel
cercare di costruire il tavolo e cucinare un po’ di pasta con il pesto. Dopo il
pranzo - comunque riuscito - proseguiamo per raggiungere la famosa valle del
Geysir. Da lontano avvistiamo i fumi che si alzano dalla terra rossastra.
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Strukkur in ebollizione |
Un
sentiero conduce attraverso le fumarole al Litli Geysir: una pozza dove l’acqua
ribolle in continuazione e poi allo Strokkur, il protagonista del parco: una
fenditura nel terreno che butta fuori e
risucchia
acqua dal colore turchese per poi esplodere in uno spettacolare spruzzo che
raggiunge i 35 metri. Lo spettacolo avviene ogni 10 minuti circa così, dopo
aver ammirato altre sorgenti dalle tonalità psichedeliche, ritorniamo allo
Strukkur per goderci un altro sbuffo. Là, in un angolo appartato, Geysir, un
tempo vero protagonista del parco, sonnecchia... ma in questa terra dove tutto
è così precario io mi aspetto da un momento all’altro qualche sorpresa! Le
meraviglie del Circolo d’Oro si completano con Gullfoss, la roboante cascata
che si è aggiudicata il titolo di più famosa d’Islanda.
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Uno dei salti della stupenda cascata |
Il tempo è pessimo tira
vento ed una fitta pioggerellina si confonde con gli spruzzi della cascata, ma
lo spettacolo è comunque memorabile. Gullfoss sembra finta tale è la sua
imponenza. Un sentiero porta fino al suo fianco da dove ci si perde nella vasta
nube di vapore per poi arrivare fino alla cima dove le impetuose acque si
preparano ad affrontare un salto di ben 32 metri. Ormai è sera, anche se c’è
molta luce, passiamo la notte qui.
10 giugno
Nonostante qualche difficoltà nel sistemarci siamo comunque
riusciti a dormire. Silenzio assoluto di ogni presenza umana, udiamo solo le
insolite chiacchere di specie sconosciute di uccelli - tra cui anche quella di un
inquietante enorme corvaccio nero - ed in lontananza il roboante canto della
cascata. Questa mattina il cielo ci regala un raggio di luce, ne approfittiamo
per una seconda visita a Gullfoss e allo Strokkur che questa mattina però ci
pare un po’ più sonnolento (dipenderà dalla pressione atmosferica?). A
Pingvellir tentiamo una scorciatoia per raggiungere più velocemente l’ovest, ma
l’asfalto abbandona la strada per lasciar posto ad un terreno nero, comunque
consistente che poi sfuma in un terreno rossastro meno consistente. La strada
si fa stretta ed impervia ed un cartello scoraggia l’utilizzo di mezzi 2WD. Non
siamo certi delle capacità del nostro 4x4 quindi optiamo per la strada più
lunga. Lasciamo la n. 1
per la n. 54 che
si addentra nella Penisola di Snæfellsnes. La prima attrazione che incontriamo
è Gerðuberg; la lunga costa formata da colonne basaltiche dritte come righelli,
la strada prosegue variando i toni dal grigio al mattone per raggiungere le due
cupole di terra rossa del Rauðukúlur che colpiscono molto per la loro forma
simmetrica e la particolare tinta. E’ il nostro primo incontro con le stranezze
di questa terra e siamo esterefatti: ci sembra di essere sbarcati su marte!
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Marte chiama terra... ci ricevete? |
Io
sono particolarmente attratta dal Silene Acaulis che su paffutelli cuscinetti
di velluto verde schiude i suoi fiorellini rosa intenso.
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La Silene Acaulis è una delle poche piante che vediamo sulle pendici dei coni vulcanici |
Il vento sibila e in
poco tempo porta sopra le nostre teste nuvoloni carichi d’acqua. Dopo una
passeggiata nell’inverosimile riprendiamo il camperino, che incomincia a
piacerci per la sua agilità, e percorriamo la n. 54 fino alla distesa lavica di
Búðahraun nella quale, in un’oasi di collinette ricoperte di muschio, è
incastonata la magica chiesetta nera di Búðir.
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La chiesa nera nel suo particolare paesaggio |
Sostiamo al suo fianco e percorriamo
il sentiero che conduce fino alla scogliera facendo bene attenzione a non
lasciare il tracciato per paura di essere inghiottiti dalla terra. L’aspetto
della superficie lavica con le sue cavità e protuberanze ricoperte da
vegetazione appare misterioso e il grigiore del cielo ci inducono a pensare che
da un momento all’altro ci si presenti un elfo o chissà quale altra creatura
misteriosa. Raggiunta la sabbia arancione e la scogliera nera facciamo ritorno
alla nostra abitazione su ruote per trascorrere la luminosa notte in compagnia
del canto degli uccelli.
11 giugno
Il tempo non è migliorato, ci tocca lasciare Búðir nel
grigiore. La n. 54 percorre l’intero giro della Penisola portandoci ai piedi
dello Snæfellsjökull che oggi nasconde il suo cratere tra le nubi confondendo il
candore della calotta glaciale nel bianco del cielo.
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Il vulcano raccontato da Jules Verne in Viaggio al centro della terra |
Attraversiamo paesaggi aspri,
quasi lunari, fermandoci di tanto in tanto per una passeggiata sotto la pioggia
che, per qualche minuto cade pure in orizzontale. Ecco ora che ricompare un
raggio di sole, le distese laviche ricoperte di muschio si fanno di tonalità fluorescenti
che vanno dal giallo al verde. La terra è nera, a tratti rossa. Ale e Davide, sfidando
il vento, scalano la rugginosa parete del Saxhóll e mi portano fotografie
spettacolari della veduta.
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La salita al cratere Saxhóll |
Non siamo del tutto soli; ogni tanto da qualche
masso fa capolino il musetto di qualche agnellino che, spaventato dalla nostra
presenza, corre appresso alla sua mamma.
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Ci stanno studiando... scappo o non scappo? |
Dopo ore ed ore trascorse nella natura
ecco il piccolo centro abitato di Hellissandur. Ne approfittiamo per il pieno
di carburante, per prendere qualcosa di commestibile ed un magnifico maglione
in lana merinos dai tipici motivi. Un cartello avverte di fare attenzione agli
uccelli ed è qui che abbiamo il nostro primo incontro con la Sterna Paradisea che, per difendere il suo
nido, è disposta a tutto, persino a gettarsi in picchiata sulla testa del
malcapitato.
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Meglio non avvicinarsi troppo... |
Osserviamo dal finestrino queste eleganti creature e comprendiamo
il significato del cartello: sono numerosissime e volano ovunque! La costa
settentrionale di Snæfellsnes è un susseguirsi di paeselli abbastanza
civilizzati. Grundafjörður è immersa in un paesaggio spettacolare: il picco
conico del Kirkjufell, che purtroppo è avvolto da una coltre di nebbiolina.
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La giornata non volge al bello |
Giunti a buon punto del giro ecco una sorpresona: la strada diventa sterrata. Dobbiamo
per forza affrontarla: o quella, o dietro front... Non è il caso di rifare
tutto il giro quindi siamo costretti a decidere per lo sterrato. 100 km di strada
sassosa non passano più... Incontriamo pochissimi pazzi che hanno optato per
questa soluzione! La strada costeggia l’enorme fiordo offrendo una vista
monotona su mare e prateria, pecore e agnelli per poi rigettarsi, dopo
l’anonimo paese di Buðardalur, nella steppa, nei sassi, nella fitta nebbia...
Non ne possiamo più!!! Finalmente la n. 1... l’effetto frullatore è finito!
Sostiamo per la notte in un erboso e molto umido campeggio di Havammstangi.
Notte piovosa.
12 giugno
Finalmente un timido raggio di sole! Ormai collaudati per
gli sterrati decidiamo di percorrere il perimetro della Penisola di Vatnsnes
ammaliati dalla foto del musetto di una foca pubblicato su una brochure.
Percorriamo altri chilometri tra praterie, cavalli, pecore e mare; poi,
finalmente, un cartellino segnala la spiaggia dalla quale è possibile avvistare
le foche. Fa freddino... (6°) mi sto pure beccando un bel raffreddore, ma
resisto; mi avvicino il più possibile al mare e vengo ripagata dalla vista di
un gruppetto di simpatici esemplari di foca grigia lì proprio sull’isolotto
dinnanzi a noi. Non sono vicinissime, ma riusciamo comunque a vederle bene.
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Vi ho beccato! |
Un
piccolo si avvicina alla spiaggia dilettandosi in acrobazie acquatiche mostrando
musetto, panciotta e pinne, bhè, insomma, la noia dello sterrato è già dimenticata!
Lasciamo le foche per concludere il giro della Penisola con una vista sullo
strano Hvìtserkur: un faraglione dalla forma alquanto bizzarra. La leggenda
narra che sia un troll sorpreso dal sorgere del sole quindi trasformato in
pietra... mi piace pensare che sia vero...
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Cosa vogliono questi forestieri? |
Rieccoci sulla n. 1, la steppa
lascia posto a praterie con tanto di fattorie, cavalli e fiorellini di
tarassaco, lupini e violette. Il grigiore, spinto dal vento, se ne va mostrando
un angolo di cielo blu intenso. Raggiungiamo la caratteristica fattoria dal
tetto in erba di Glaumbær.
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Le casette con il tetto in erba |
Sosta, pranzo e giretto tra le 12 casette in torba
dalle piccole finestrelle bianche. Riprendiamo dunque il viaggio per Akureyri
(
link). Il clima è notevolmente cambiato: ora ci sono 15° e la
gente è in tenuta estiva. La cittadina è notevole, direi carina, con le sue
casette dai vari colori...
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Una sosta nella civiltà |
Al porto c’è una nave da crociera attraccata, che ospita
più persone che non l’intero paese. Ecco il primo semaforo della vacanza... ed
è pure rosso, ma... sorpresa!!! Il rosso ha la forma di un cuore!? Bhè?! E’
normale? Si, si lo è: anche il secondo ha la stessa forma... fantastico! Questi
islandesi mi piacciono da morire! Passeggiamo per la via del centro. Curiosando
tra i negozi mi faccio un’idea della creatività islandese che porta alla realizzazione
di oggetti d’arte molto diversi dai nostri; un po’ cupi ed essenziali, ma spesso
belli e sicuramente originali. La giornata non è ancora terminata: la nostra prossima
tappa è Godafoss. La cascata è stupenda, la luce ora però è pessima: il blu se
n’è andato per lasciar posto ancora una volta alla foschia rendendo il cielo
bianco.
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Stupenda cascata ma il tempo non è stato clemente... |
Delusi dal tempo non ci dilunghiamo e proseguiamo verso il lago Myvatn
(
link), dove, ancora una volta, torna a splendere il sole.
Restiamo colpiti dai piccoli coni erbosi che stanno intorno al lago: dapprima
pensiamo che si tratti di un campo da golf, poi scopriamo che un sentiero
conduce attraverso l’area naturale ed apprendiamo che si tratta degli pseudo
crateri di Skútustaðir. Sono le 19, il sole è ancora alto, ma la luce si scalda
e dona alle collinette dei magnifici toni dorati. Il lago è blu e i sentierini
neri come la lava. Tira vento, ma ormai ci siamo abituati. Il paesaggio è di
un’aspra bellezza, alquanto seducente. Le tranquille acque del lago costellato
da isole e isolotti, perlopiù pseudocrateri originati dalle esplosioni di gas
prodottesi dal passaggio della lava fusa nell’acqua, pullulano di vita... avvistiamo
uno Svasso Cornuto e altre specie di anatre mai viste fin’ora. La cittadina di
Reykjahlið ci pare un’oasi meravigliosa dopo aver attraversato così tante lande
desolate! Ci sistemiamo al Bjarg Campsite e vi trascorriamo la notte.
13 giugno
Il camping sembra un raduno di mezzi estremi. Attorno a noi
almeno una decina di superjeep con cellula abitativa e qualche camion adattato
a camper.
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Quanto pagherebbe il mio maritino per avere uno di questi mezzi! |
Da qui è possibile addentrarsi nelle piste interne che ahimè e ahiloro
sono ancora chiuse causa neve... La mattina è bigia. Noi siamo diretti
all’Hverfjall: un cono di roccia vulcanica. La stradina che conduce alle sue
pendici serpeggia nel campo lavico. Qui il nero prevale su tutto, nera la
strada, neri i dintorni, nero il cono... ma ancora una volta i miei cari
cuscinetti di muschio con i fiorellini rosa sono lì a ravvivare il paesaggio.
Il sentiero che porta al cratere raggiungendo i 463 metri di altitudine è
abbastanza ripido, ma la vista sul fondo del cratere ripaga la salita.
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Paesaggio lunare |
Sembra
di camminare su un cumulo di cuscinetti a sfera. Passeggiamo un po’ (volendo il
sentiero compie il giro completo) e riscendiamo per raggiugere il parco dei
‘castelli scuri’: i Dimmuborgir (
link). Una serie di
sentieri corrono lungo pilastri e spuntoni di lava dalla forma singolare.
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Una delle tante formazioni laviche del parco |
Fantastico apprendere il modo in cui si sono formati. La guida scrive: “ La
lava fluita dallo Hverfjall
trovò uno
sbarramento e in questo bacino originò un lago infuocato. Quando la superficie
del lago si raffreddò si formò una volta a cupola sul materiale sottostante
ancora fuso. Quando lo sbarramento si ruppe la lava fusa defluì gradualmente
lasciandosi dietro i singolari pilastri”. La formazione più interessante è
quella chiamata Kirkjan; il suo interno ricorda una cattedrale gotica dal
soffitto a volta. Oltre che da questa meraviglia della natura io, come al
solito, sono ancora più attratta dalla storiella che raccontano ai bambini. Qui
abitano gli Yulemen! “Gli Yuleman sono 13 fratelli, in parte troll e in parte umani.
I loro genitori erano due tremendi troll che infastidivano e divoravano i
bambini disubbidienti. Si burlavano degli umani e li derubavano. Ognuno di loro
ha una preferenza, c’è chi ruba il cibo di Natale, chi le candele e
dall’oggetto del furto deriva il nome che viene dato allo stesso Yulemen. Oggi
gli Yulemen si sono trasformati in portatori di piccoli doni. A partire dalla
notte del 12 dicembre, prima del loro arrivo, sul davanzale di tutte le
finestre dei bambini islandesi, compaiono delle piccole scarpe. Se si sono
comportati bene, lo Yulemen del giorno lascerà un regalino, in caso contrario
troveranno una patata, oppure nulla del tutto. Allo stesso tempo, i bambini
contraccambiano: prendendo spunto dal loro nome lasciando una salsiccia al ’cacciatore
di salsicce’, una candela per il ‘mendicante di candele’, del latte di pecora
per il ‘ladro del latte’ e così via...” Con questa fantasia lasciamo i
Dimmuborgir e gli Yulemen per andare alla ricerca della sorgente termale di
Grjotajà. Una spaccatura della crosta lavica, segnalata da un cartello poco
incoraggiante che avvisa della recente caduta di sassi dal soffitto e non per
l’ultima volta, nasconde un laghetto abbastanza insolito. L’acqua è cristallina,
ma il vapore che s’innalza dalla superficie lo rende ben poco idilliaco.
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La piccola ma particolare grotta |
Una
volta ci si poteva bagnare, ma adesso la temperatura dell’acqua dicono
raggiunga i 50°! Il precario soffitto e le strane forme delle rocce che scorgo
nell’oscurità mi metto un po’ di fifa... mi dileguo velocemente... Ecco di
nuovo il sole. Nel giro di dieci minuti la giornata si è trasformata in uno
splendore. A me e a Davide è venuta voglia di un bagnetto caldo e convinciamo
Ale a portarci a Jarðböðin (
link). Lì, in un invitante pozza di
acqua turchese, qualcuno sta già sguazzando. Ci cambiamo in fretta e furia e
dopo un’uscita dagli spogliatoi da centometrista per evitare l’aria gelida (siamo
a 6°) mi tuffo nelle calde acque rigeneranti.
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Bagnetto rigenerante |
Fantastico! Sole, cielo blu,
acqua turchese e caldino... Sarà davvero dura farmi uscire. E invece, giunge
anche il momento in cui il caldo comincia a dare un po’ fastidio; mi sento un
cotechino lesso ed ho bisogno di farmi una doccia fresca. Ci vestiamo e
ritorniamo al nostro camperino. Questa giornata non vuole giungere al termine,
è tutto così bello che non sappiamo aspettare l’indomani e proseguiamo la
nostra avventura superando il passo che attraversa cime dai colori impossibili.
La terra assume sfumature che vanno dal rosso, all’ocra, al giallo per poi smorzarsi
nel bianco e svanire nel vapore che si solleva direttamente dalla terra.
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La moltitudine di colori del terreno |
Hverarönd
è un campo di attività geotermica costellato di pozze di fango, soffioni,
solfatare, sorgenti di acqua bollente e fumarole, alcune delle quali piuttosto
turbolente. Alcune passerelle conducono i turisti attraverso uno scenario affascinante,
ma alquanto infernale. Nei buchi del terreno il fango nero e grigio ribolle
creando un effetto spettacolare tanto da far dimenticare la pericolosità della
zona.
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I fanghi ribollenti |
Fumi caldi e puzzolenti ci avvolgono, togliendoci quasi il respiro,
sembriamo dei bambini rimasti a bocca aperta ad ammirare tanta forza. Ci
perdiamo tra i colori e i vapori. Il sole è ancora alto e questa giornata
interminabile ci può riservare ancora delle meraviglie. Puntiamo verso la cima
del Krafla: una delle zone vulcaniche più attive dell’Isola. Il cielo si è di
nuovo coperto di pesanti nubi, ma il nostro insaziabile spirito avventuriero ci
porta comunque a dare un’occhiata al cratere Viti - abbastanza triste - e ad incamminarci
lungo il sentiero che conduce a Leirhnjùkur: il minaccioso bacino fangoso
incrostato di zolfo dalle acque turchesi. Lungo il sentiero attraversiamo campi
lavici abbastanza recenti, nevai, spaccature nel terreno, fumarole e soffioni
che si sollevano dall’altura di riolite dai colori pastello.
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L'ultima parte del sentiero per raggiungere Leirhnjùkur |
Questa volta il
freddo per me è quasi insopportabile (siamo a 0°). Camminando mi scaldo, ma
giungo al camper intirizzita. E’ questo il momento di fare la festa alle tre
buste di cioccolata che ci siamo procurati al benzinaio di Hellissandur. Non è
granchè ma almeno scalda... E’ finita questa interminabile giornata? Nooo...
Davide insiste per proseguire fino a Dettifoss. Lo assecondiamo... Lasciamo le
nude montagne rossicce per addentrarci di nuovo in una pianura grigia di sabbia
e sassi. La strada che la attraversa è deserta. Siamo anche un po’ in alto
perchè fa
freddo e la strada è chiusa
per neve proprio dopo Dettifoss... Finalmente s
iamo
costretti a fermarci.
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L'imponente Dettifoss! |
E’ tardi, ma Davide insiste per andare a vedere la
cascata... io, a malincuore, demordo mentre i due ‘grilli’ se ne vanno pure a
vedere la cascata. Dormiamo nel parcheggio in mezzo al nulla dopo aver
attraversato chilometri di deserto lavico. Brrrrrrrrr rabbrividisco - e non
solo per il freddo.
14 giugno
Alle 00:30 ho aperto gli occhi e sono rimasta incredula ad
osservare il sole che splendeva con tutta la sua energia in un manto di nubi
pettinato dal vento... Mi mancherà il sole a mezzanotte! La mattina è bigia e
la stufetta è indispensabile. Non ho voglia di camminare fino a Dettifoss, è
presto e fa ancora freddo. Rinuncio alla visita e riprendiamo la via. Ieri,
presi della bellezza del luogo e dal bel tempo, abbiamo corso un po’ troppo e
ci siamo trovati a Dettifoss. Sarebbe da ritornare al Myvatn e dedicargli
ancora un po’ di tempo - era così bello quel posto -
ma abbiamo percorso tanti chilometri e ci
spiace allungare il giro, inoltre il tempo brutto ci convince a lasciare il centro-nord
per dirigerci verso nord-est alla ricerca di un po’ di sole. Percorriamo d’un
fiato i 150 km di tratto desertico incontrando ben 4 auto e 1 moto. Giungiamo
alla cittadina di Egilsstaðir attorno le 10 ed il supermercato ha appena
aperto. Facciamo un po’ di provvista e ci reimmergiamo nel verde prendendo la
n. 94 che porta a Borgafjörður eystri. Di nuovo sterrato, praterie, cavalli,
pecore e agnelli, ma questa volta in lontananza mi sembra di scorgere delle
corna insolite. Si, si, sono proprio renne! Ci fermiamo in mezzo alla strada
per fotografarle.
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Anche montando il tele obiettivo restano troppo lontane per vederle bene |
Non diamo fastidio a nessuno... potremmo sostare anche di
traverso e nessuno si lamenterebbe: siamo solo noi e questa immensa vallata
ricca di acqua erba e aria. La strada sale verso un passo dove il tempo
peggiora lasciando posto ad un nebbione che si taglia con il coltello. Vediamo
giusto i paletti gialli che indicano la via... null’altro. La strada scende in
picchiata, la nebbia si dissolve lasciando intravedere quella manciata di case
che compongono Borgafjörður eystri. Giornata bigia. Pranziamo con quelle cose
commestibili, ormai venuteci a noia, che abbiamo trovato al supermercato: riso
istantaneo, tonno e carote crude e ci riposiamo un po’. Non ci saremmo mai
spinti fin qui se non avessimo letto sulla guida che l’isoletta di Hafnarhólmi,
collegata alla terraferma da una strada rialzata, ospita una colonia di 10.000
coppie di Pulcinelle di mare oltre a Gabbiani Tridattili, Procellarie artiche e
Edredoni. Eccoci qui, increduli, davanti a questi simpaticissimi animaletti.
Passiamo il pomeriggio a salire e scendere dalla piattaforma di osservazione.
|
Centinaia di Puffin si ritrovano su quest'isoletta per nidificare |
Le creaturine non hanno paura di noi e si lasciano avvicinare guardandoci
incuriositi e noi lo siamo ancor di più. Il loro aspetto è grazioso e buffo con
quel corpo simile ad un pinguino, la loro andatura ondulante, le alette corte
che sbattono velocissime, il becco triangolare dipinto di rosso, giallo e blu e
i piccoli occhi rotondi marcati di rosso e di nero. Che meraviglia! Sono tutti
indaffarati a scavarsi la tana nel terreno servendosi del becco e delle zampe
ed ogni tanto abbandonano il nido per tuffarsi nel mare e ritornare con il
becco colmo di pesciolini luccicanti. Sulla scogliera, incuranti del nostro
poco interesse nei loro confronti, i gabbiani sonnecchiano comodi nel loro
nido, mentre qualche Edredone galleggia tranquillo sull’acqua. Quanta vita! E’
incredibile come in quest’isola, pur essendo poco presente l’uomo, non ci si
senta comunque mai soli! Lasciamo Bakkagerði per riattraversare il passo, ora
la nebbia si è levata e godiamo di un meraviglioso panorama sul golfo dove
mare, sabbia nera, acquitrini e pianura stepposa si confondono in un orizzonte
molto lontano. Decidiamo di passare la notte a Seyðisfjörður (
www.sfk.is) sperando di incontrare l’essere umano,
questa specie rara...
|
Non che prima facesse caldo ma ora con la neve sembra proprio inverno! |
La strada che porta al paese attraversa un passo ben poco
ospitale (siamo a 2°) dove incontriamo molta neve ed un magnifico lago
ghiacciato che risplende nel bianco con le sue acque turchesi. Laggiù, tra le
cime innevate, ecco la modesta cittadina. Breve sosta per ammirare la graziosa
cascata Gufufoss e ci buttiamo in ‘città’ per rifornimento di carburante e
sosta nel verdeggiante campeggio.
|
Di dimensioni modeste (rispetto alle altre che abbiamo visto) ma ugualmente bella |
L’intento di incontrare nostri simili non è
riuscito, sarà che siamo in bassa stagione, ma non c’è in giro anima viva e nel
campeggio siamo soli. Cena e nanna.
15 giugno
Per lo meno non siamo stati disturbati dal vociare dei
vicini... Dopo la colazione passeggiamo tra le casette colorate di questo
grazioso paesello; visitiamo la piccola chiesetta azzurra ed approfittiamo del
‘posturinn’ per spedire qualche cartolina.
|
La chiesetta di Seyðisfjörður |
Risaliamo il passo e ci lasciamo
alle spalle anche questo angolo di isola. Siamo in largo anticipo sul programma
e decidiamo di prendere la strada più lunga per il sud zigzagando tra i fiordi
dell’est. Il tempo è bruttarello e la luce non rende giustizia alla costa fatta
di basse scogliere, praterie e mare. Sostiamo per il pranzo in camper nel
villaggio fantasma nei dintorni di Vikurgerði; gli uomini hanno abbandonato definitivamente
questa zona. Un capanno desolato espone ancora sulle vetrate uno sbiadito logo
Visa. Sarà stato un negozio? Nei dintorni 3 case abbandonate ed altrettante
distrutte. Ammassi di sassi e legni ed un cartellino impiantato nel terreno con
presumiamo il nome della famiglia che ci viveva. Che desolazione... Lasciamo i
fantasmi e ci imbattiamo in un altra casetta abbandonata che ospita nel proprio
giardino, dal recinto ormai distrutto, due magnifiche renne. Sostiamo, ci
avviciniamo sottovento nascondendoci tra i massi, e riusciamo ad avvicinarle. A
dire il vero quando ci guardiamo dritti negli occhi sono un po’ intimorita: non
conosco la loro reazione e tento di scappare, ma vedo che sono più spaventate
di noi e si danno per prime alla fuga. Bhé, insomma, l’incontro è riuscito
seppur per pochi attimi. Ritornando al camper la Pettegola d’Islanda (un
uccello particolarmente loquace) tenta di condividere con noi qualche gossip.
|
Ha sempre qualcosa da raccontare |
Pur
non comprendendo la sua lingua, siamo costretti a sorbirci un monologo che dura
per tutto il cammino. Eccoci di nuovo sulla n. 1 ad attraversare paesaggi unici.
La costa si fa più selvaggia: sabbia e scogliere nere sulle quali si infrangono
onde violente rendono la scena alquanto drammatica. Lasciamo il camper, che
appare come un puntino giallo nel nulla, e percorriamo a piedi lo sterrato un
po’ accidentato che porta fino alla spiaggia. Vento e onde nere minacciose si
infrangono sui faraglioni scuri. Uccelli dal verso stridulo sorvolano le nostre
teste in un cielo grigio gonfio di nubi. Mi sento vuota e libera in questa
immensità. Riprendiamo la strada verso sud e il paesaggio si riaddolcisce. Attraversiamo
idilliache oasi di specchi d’acqua argentea ed erbetta fresca dove uccelli,
anatre selvatiche e pecore trascorrono tranquilli la loro vita. Costeggiamo
l’Álftafjörður per poi restare a bocca aperta affacciandoci sull’infinita distesa
di sabbia del Lón. Il sole è tornato a risplendere e rende tutto ancor più
bello. E’ sera e cerchiamo un posto dove accamparci. Attratti da un cartello
che indica bar e campeggio ci infiliamo nello sterrato che porta ad Horn (una
lingua di sabbia nera spazzata incessantemente dal vento).
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La spiaggia nera di Horn |
Putroppo il
campeggio è deserto così come lo sono i dintorni e la lingua di terra. Ci
piazziamo comunque indisturbati e dormiamo per l’ennesima notte nell’insistente
sibilare del vento.
16 giugno
Dopo un’abbondante colazione tentiamo di raggiungere in
camper - di scendere non se ne parla per via del vento e dei 5° - la punta
della lingua di sabbia, ma le condizioni della strada peggiorano ed abbiamo
paura di rimanere insabbiati. Retrocediamo e raggiungiamo Höfn. C’è il sole e
la cittadina sembra accogliente. Peccato che siamo troppo mattinieri e non ci
sia ancora in giro nessuno... Gironzoliamo per qualche via, ma
decidiamo presto di avviarci verso la laguna
glaciale. La strada attraversa paesaggi abbastanza monotoni. Erba e pecore a
destra, scogliere nere e mare a sinistra. Davanti a noi l’imponente lingua del
ghiacciaio più grande d’Europa: il Vatnajökull. Ci infiliamo in uno sterrato
con l’intento di avvicinare il ghiaccio, ma la strada conduce a due fattorie
dall’aspetto un po’ malandato e siamo costretti a tornare da dove siamo venuti.
Sono le 11 quando arriviamo nello spiazzo che offre una magnifica vista su
Jökulsarlón. Il cielo è grigio, ma l’azzurro degli enormi iceberg luccicanti
che popolano la laguna è comunque intenso. Davide ed Ale partecipano
all’escursione sul mezzo anfibio che naviga tra le spettacolari sculture di
ghiaccio, io decido di aspettarli a terra.
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Il mezzo anfibio della nostra escursione |
Sono fortunati, perchè poco dopo la
partenza il cielo si schiarisce e la laguna si illumina accendendo colori che
vanno dal blu al turchese. I miei cari navigano tra gli iceberg ed io mi godo
il paesaggio dall’alto di una collinetta. Il lago è ricco di vita: Edredoni e Germani
fluttuano elegantemente nelle gelide acque, mentre le sterne sono indaffaratissime
nei loro voli acrobatici. Un paffutello Zigolo delle nevi si appoggia su un masso
dinnanzi e rallegra la mia attesa.
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Il tempo questa volta è stato clemente |
Nel canale che fa defluire l’acqua verso il
mare c’è parecchio traffico: iceberg dalle diverse misure e dai diversi toni,
spinti dalla corrente, si accodano per la loro dipartita verso l’oceano. Ogni
tanto qualcuno si scontra, qualcun’altro si incaglia rimandando il suo viaggio
a più tardi; qualcuno invece riesce ad attraversare l’ingorgo scomparendo
all’orizzonte. La spiaggia dinnanzi alla laguna pare un manto di velluto nero
sul quale poggiano centinaia di grossi diamanti.
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I pezzi degli iceberg spiaggiati |
Si tratta del ghiaccio
levigato dall’acqua che brilla sotto i raggi di questo sole che ora si è fatto intenso.
Fa anche caldino. Mi appisolo. Nel pomeriggio riprendiamo il viaggio. A
malincuore scopro che ci siamo persi la fantastica cascata Svartifoss, ma non
riesco proprio a capire da dove parte il sentiero per raggiungerla e sulla
strada non abbiamo trovato alcuna indicazione. Il paesaggio e il cielo si fanno
ancora una volta cupi e tetri. Siamo nell’enorme Skeiðarársandur: una distesa di
sabbia grigia composta dai detriti trasportati negli anni dal ghiacciao. Qui
non c’è veramente nulla, solo terra grigia e acqua: né pecore, né uccelli...
solo il nostro - speriamo affidabile - camper e noi tre. La strada viaggia
sospesa su una serie di ponti in ferro e attraversa questa piana desolata che
si estende per ben 50 chilometri.
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L'unico segno di civiltà che incontriamo sono i piloni della corrente |
Per rendere il tutto più allegro il cielo ci
regala pure qualche goccia d’acqua. Lasciato questo deserto la terra torna a
mostrare i suoi colori e si veste di erbetta dal verde intenso. Ora sembra di
essere in Irlanda. Promontori, muretti a secco, praterie, pecorelle e cascate
che da altopiani nudi si gettano nel verde della piana. Giunti a
Kirkjubæjarklaustur ci sistemiamo in un curato campeggio (www.kirkjubaer.com). Al
supermercato acquistiamo un ottimo trancio di salmone affumicato di Reykjavik e
del burro. Questa sera la cena è davvero deliziosa!
17 giugno
Notte tranquilla finalmente in compagnia di qualche turista.
Acquazzone mattutino, arcobaleno e sole pieno... Che tempo variabile!!!
Attraversiamo i campi di lava cosparsi di muschietto verde dell’Eldhraun, poi
distese di lupini viola e poi ancora lava.
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I Lupini in certe zone ricoprono intere pianure e colline |
All’orizzonte un altopiano
verdeggiante che sorge come un’isola da una distesa di mare nero attira la
nostra attenzione. Svoltiamo per una sterrata e ci addentriamo in una distesa
di sassolini neri. Eccoci ai piedi di Hjörleifshöfði. Un sentiero conduce alla
cima (221 mslm). Incontriamo resti di abitazioni, cespugli di angelica e dall’alto
godiamo di una splendida vista sulla distesa di ghiaietto nero che si estende
fino all’oceano.
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La nera distesa sembra un'oceano |
Non appena lasciamo il promontorio il cielo si incupisce e a
Vik, paese poco distante, troviamo un tempo pessimo: acqua e nebbia. Sosta
all’ufficio del turismo per qualche brochure e al negozio di souvenir per
qualche ricordino poi scendiamo verso la spiaggia di Reynisdrangar da dove c’è
una bella vista sulla scogliera e i faraglioni, ma con questo tempo lo
spettacolo è davvero malinconico. Siamo invece molto più fortunati a
Reynisfjara, pochi chilometri più avanti, dove è ritornato a splendere il sole
e possiamo ammirare in tutto il suo splendore, in fondo alla lunghissima
spiaggia nera, l’arco naturale e il promontorio di Dyrhólaey che spiccano con
il loro verde intenso su di un cielo blu cobalto.
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In lontananza ammiriamo il promontorio di Dyrhólaey |
Camminiamo sulla spiaggia di
tondi sassolini neri e scattiamo qualche foto alle perfette colonne basaltiche che
costituiscono la costa.
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Le colonne basaltiche |
Pranzo in camper (ma quanto è buono il tonno in scatola
islandese) e riposino. Il pomeriggio doveva essere interamente dedicato alla
penisola di Dyrhólaey, ma ne rimaniamo abbastanza delusi per via del notevole
afflusso di turisti. Era tanto bello visto dalla parte opposta del golfo, ma
ora che siamo qui, ci sembra abbastanza deludente... La brochure annuncia la
presenza dei puffin, ma noi non ne incontriamo nemmeno uno. Lasciamo la zona e
proseguiamo il nostro viaggio. Rassicurati da un bus che si infila in uno
sterrato poco raccomandabile decidiamo di infilarci
pure noi e, dopo 4 chilometri di strada
stretta ed un po’ dissestata, raggiungiamo una lingua del ghiacciaio: la
Sólheimajökull.
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La lingua del ghiacciaio annerita dai depositi della recente eruzione |
Lasciamo il camper e passeggiamo lungo la costa di questo lago
marrone osservando la maestosità del ghiacciaio nero. Presumiamo sia così nero
per i recenti depositi di cenere del vicino e famigerato Eyjafjallajökull.
L’ultima sosta della giornata è alla fantastica cascata Skógafoss. Aspettiamo
in camper che cessi di piovere nella speranza che si presenti anche un raggio
di sole. La pioggia cessa, ma il sole tarda a farsi vedere, così ci
accontentiamo di una mezza luce e risaliamo i 200 ripidi scalini che
costeggiano il salto ammirando dalla piattaforma i 62 metri di caduta
dell’acqua. Direi però che lo spettacolo è più emozionante dal basso.
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La maestosa Skógafoss |
Colti da
un raptus di follia decidiamo di indossare le mantelline e di avvicinarci il
più possibile alla tonante massa d’acqua. Una leggenda narra che un vichingo
nascose uno scrigno pieno di monete d’oro in una grotta dietro la cascata ed io
- ovviamente - voglio dare una controllatina... Non abbiamo però fatto bene i
conti... Più ci avvicinamo e più i nostri straccetti di plastica svolazzano in
ogni direzione lasciandoci completamente in balia dell’acqua e del vento. Siamo
fradici, piccoli e indifesi come pulcini davanti a questa spaventosa e
assordante massa d’acqua. Abbiamo raggiunto il laghetto, ma l’aria diventa
acqua gelida ed è difficile persino respirare. Mi sento tanto George Clooney in
“La tempesta perfetta” e mi sento anche un po’ stupida ad aver pensato che il
mio sacchettino giallo mi avrebbe resa completamente impermeabile! Passiamo
metà della serata a cercare di asciugare i pantaloni infilandoli nel manicotto
della stufetta, l’altra metà a ripulire i vetri del camper dalla condensa che
abbiamo creato. Notte tranquilla nel campeggio ai piedi della cascata.
18 giugno
Sveglia abbastanza tardi. La prima sosta della giornata è ai
piedi di un’altra stupenda cascata: Seljalandfoss. Un sentiero bagnato e
scivoloso consente di passare dietro la cascata e sembra che l’impresa non sia
tanto da folli come la scorsa. Lasciamo perdere le mantelline e rassicurati dai
turisti che hanno completato il giro e sembrano comunque asciutti, ci
avventuriamo. In effetti ci si bagna poco e lo spettacolo è unico; peccato però
che il mio maritino sia fanatico di fotografia e si sia pure portato il
cavalletto per fare foto con tanto di filtro ND e tempo lungo. Ovviamente
l’obiettivo si bagna in continuazione e va asciugato e ovviamente non basta uno
scatto ma bisogna farne almeno dieci... Tutto ovvio... così come è ovvio che
con questi tempi di attesa ci siamo lavati ancora una volta... N’è valsa
comunque la pena: le foto sono stupende ed io ho avuto tutto il tempo per
ammirare la cascata da tutte le sue angolazioni.
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Uno dei tanti mezzi assurdi che abbiamo incontrato lungo la strada |
Lasciamo la terra, l’acqua e
l’aria per immergerci nell’avventura ‘fuoco’. Decidiamo di assistere al
documentario che proiettano - anche in lingua italiana - all’ Eyjafjallajökull
Centre (
link). Il film narra dell’esperienza di una famiglia
che vive tutt’ora in una fattoria ai piedi del vulcano. Le immagini e la storia
sono impressionanti e fanno intuire la precaria pacifica convivenza
uomo-vulcano. Ci sembra di vivere la spettacolare eruzione, la disastrosa forza
della massa d’acqua generata dallo sciogliemento del ghiaccio e la spaventosa
discesa della coltre di cenere che ha investito completamente l’area. Per poi concludere
vedendo come l’eruzione si sia smorzata, il ghiacciaio si sia rimodellato, la
cenere abbia lasciato posto all’erba e al grano e l’uomo sia comunque
sopravissuto e abbia imparato a convivere ed assecondare le ostilità di questa
terra giovane e imprevedibile. Trottiamo fino a Hvolsvöllur. Decidiamo di
pranzare all’Eldstó Art Café (
link) citato da Tripadvisor come uno dei
migliori della zona. Ordiniamo un’insalata di salmone e gamberetti, ci viene
presentata bene, ma è pur sempre un’insalata... La particolarità del locale sta
nel fatto che sia anche galleria d’arte e tra i tavoli è possibile osservare ed
acquistare ceramiche realizzate in loco. Attraversiamo Selfoss, cittadina
abbastanza popolosa, e percorriamo un tratto del circolo d’oro fino al rosso
cratere Kerið che oltre allo spettacolo del colore non ci dà nulla d’altro.
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Il cratere rosso |
Poi
ritorniamo verso la costa per arrivare a Stokkseyri. Sulla guida ‘Dumont’ é
segnalato il museo ‘Icelandic Wonders’ (
link). Ne parla
bene ed in particolar modo siamo colpiti dalla frase che lascia intuire che in
un’enorme cella frigorifera con temperature dai -5 ai -10° sia possibile
ammirare i giochi di luce dell’aurora boreale e i cristalli di ghiaccio.
Dall’esterno lo stabile sembra abbastanza capiente e ci convinciamo ad entrare.
Lo spettacolo invece si dimostra una cagata pazzesca e veniamo derubati di
3.990 corone per percorrere un buio tunnel dove sono stati piazzati pupazzi e
manichini rappresentanti elfi e troll. La spiegazione è in inglese e la sala
dell’aurora boreale è un triste stanzino illuminato da led verdi e blu dove si
proiettano filmati di pessima qualità sull’aurora. Delusi ritorniamo in camper
per raggiungere Hveragerði. Il villaggio viene venduto bene dalle guide, ma a
noi non sembra un granché. Siamo anche un po’ stanchi... Tiriamo sera e pernottiamo
al campeggio cittadino.
19 giugno
Questa mattina il sole splende e noi siamo carichi di
energia. Prendiamo la strada che porta alla Penisola di Reykjanes attraversando
una valle piena di fumarole. Siamo attratti dalle spumeggianti onde che si
infrangono sulla scogliera nera e ci imbuchiamo nel primo sterrato che
troviamo. La stradina corre nel mezzo di estese praterie, poi si trasforma in
un sentiero. Sostiamo e procediamo a piedi. Camminiamo nel verde di questa
grassa erba. Fa caldino e un leggero venticello accarezza i nostri volti. Siamo
in compagnia: la solita Pettegola - che abbiamo anche nominato padrona del palo
- perchè si piazza su ogni paletto e continua a ciabattare insistentemente, e un
Chiurlo dall’appuntito becco ricurvo, volteggiano sulle nostre teste e ci ricordano
che non siamo soli.
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Questo Chiurlo ci ha accompagnato per tutta la camminata |
Eccoci sulla scogliera ad apprezzare la brezza marina e ad
ammirare il cielo blu e le onde spumeggianti... quando proprio lì vicino a noi,
su uno scoglio, ci accorgiamo che una signorina panciuta sta godendosi, anche
più di noi il paesaggio: si tratta di una splendida foca grigia. Che
spettacolo!!!
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Si gode il sole in santa pace sicura di non essere disturbata |
Torniamo soddisfatti alla base e riprendiamo la strada per
Krisuvic. Il tempo è di nuovo peggiorato. Visitiamo il gruppo di sorgenti
termali e pozze di fango di Seltún. Le passerelle si snodano tra vasche
gorgoglianti, gli strani minerali che fuoriescono dal sottosuolo conferiscono
riflessi iridescenti al fango che circonda le fumarole. Affrontiamo un ripido
sentiero che raggiunge una grossa solfatara. Una volta giunti in cima alla
collina non solo siamo ripagati dalla bocca sputafumo, ma anche dalla stupenda
vista sul lago Kleifarvatn. Che puzza tremenda di uova marce... cosa avrà
mangiato mai questo gigante? Del sole nemmeno l’ombra...
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La vista che si poteva godere dalla cima della collina |
Sostiamo nei pressi
della chiesa di Krisuvik, ma presi dal panico, per paura che la videocamera -
che pare un po’ fuori fase - non abbia ripreso nulla dall’inizio della vacanza,
ci passa la voglia di visitare la chiesetta. Pranziamo in compagnia di una
pecorella nera e dei suoi due piccoli e ci accertiamo che le riprese siano
salve. Tentiamo la discesa verso la scogliera attraverso una stretta strada
sterrata che attraversa un campo di lava. Svoltata una curva... ecco un
ostacolo imprevisto: un piccolo fiume! Non ci azzardiamo a guadarlo, così dopo aver
percorso un tratto in retromarcia troviamo - grazie al cielo - un piccolo
rientro e riusciamo a fare inversione e a ritornare sull’asfalto. Siamo più
fortunati con il secondo sterrato nei dintorni di Valahnjúkur. Raggiungiamo la
calda sorgente termale di Gunnuver che ci investe con i suoi vapori puzzolenti,
l’area pare possa esplodere da un momento all’altro; non ci sentiamo proprio al
sicuro...
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Se non fosse per il cielo azzurro sembrerebbe un paesaggio da inferno dantesco |
Puntiamo verso l’estremità su-occidentale della penisola e giungiamo Reynisfjara:
un luogo selvaggio di grande bellezza: un ampio altopiano di lava con vista panoramica
sulla scogliera e su faraglioni neri colpiti in continuazione da violente e
altissime onde. In balia di un mare tanto grosso ed impetuoso questi massi alti
una ventina di metri sembrano sassolini.
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Le stupende scogliere di Reynisfjara |
La giornata prosegue con una
passeggiata lungo il ponte che unisce le due estremità di un canyon colmo di
sabbia che separa la placca continentale europea da quella nordamericana,
dopodiché raggiungiamo Garður, un piccolo paesino. Nel prato sotto al faro è
possibile sostare per la notte. Il cielo è ritornato sereno e questa sera
vogliamo goderci il sole di mezzanotte. Cena e attesa...
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Sulla sinistra si intravede il vulcano Snæfell |
Eccoci sul pontile del
faro nel mezzo di questa notte luminosa. Il sole è una palla arancione che si
sta appoggiando su un mare infuocato. In lontananza, nel cielo rosso, riusciamo
a scorgere la sagoma scura del vulcano Snæfell. Ad est, in un cielo indaco,
anche la luna sta ammirando lo spettacolo. Che attimo memorabile!
20 giugno
Oggi il cielo è blu fino all’orizzonte, anche se ormai siamo
pronti ad aspettarci che da un momento all’altro cambi. La meta della giornata
è la Laguna Blu: la piscina termale più famosa d’Islanda. Dopo aver
attraversato estesi campi di lava ecco in lontanza i fumi della centrale
geotermica affianco la quale è stato realizzato questo innovativo centro
termale. Non si può resistere alla tentazione di tuffarsi in questo spendido
laghetto di acqua calda turchese. Sostiamo e ci accodiamo per il biglietto che
è caruccio (spendiamo 12.800 corone per 2 ingressi - per fortuna Davide non
paga). Lo stabile è curatissimo, docce e spogliatoi sono molto eleganti e
puliti. D’obbligo la doccia con tanto di sapone prima di entrare ed eccoci immersi
nelle lattiginose acque celesti. La temperatura dell’acqua per me è un po’
altina... Resisto a stento... Per evitare di lessare alterno bagno e passeggiata
sulle terrazze; ci sono 18° e sopravvivo anche fuori dall’acqua. Chi non ne
avesse abbastanza del bagno caldo può provare la cascata d’acqua bollente, oppure
chiudersi nella sauna... Noi non ce la facciamo!
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Uno dei laghetti esterni alla struttura |
La mattina trascorre velocemente
ed è mezzogiorno quando usciamo cotti a puntino. Ritorniamo a Reynisfjara per
vedere l’effetto che fa la costa con questa meravigliosa luce, ma rimaniamo un
po’ delusi perchè il sole illumina la scogliera dal lato opposto e l’oceano è
quasi calmo; lo spettacolo di ieri pomeriggio ha lasciato il posto ad un altro
scenario, completamente differente. Riposino e giretto lungo la costa. Il tempo
corre ed è arrivato il momento di avvicinarci a Reykjavik per trovare un
campeggio dove trascorrere la notte. Prima di raggiungere la città sono curiosa
di fare una passeggiata nel parco di Hellisgerði a Hafnarfjörður: un
giardinetto pieno di grotte di lava, laghetti ed alberi. Dicono che sia
popolato da un numero particolarmente elevato di leggendarie creature. Noi non
ne incontriamo nemmeno una, ma ovviamente sono intimorite dalla presenza di tre
italiani e se ne guardano bene dall’uscire allo scoperto! La cittadina è molto
carina e vivace, passeggiamo per le vie curiosando tra le caratteristiche abitazioni.
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Oggi sembra proprio estate! |
Oggi fa abbastanza caldo (20°) e gli islandesi si stanno godendo il magnifico
pomeriggio di sole nei loro giardini. Sono le 17 quando giungiamo nel super-attrezzato
campeggio di Reykjavik. Passiamo la serata a ripulire il camper e a preparare i
nostri bagagli.
21 giugno
Questa giornata è dedicata interamente alla visita della
vivace e moderna città di Reykjavik. Il nostro giro parte dall’originale Sun
Craft: una scultura in acciaio che ricorda una nave vichinga che sta per
salpare.
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La famosa scultura |
Parcheggiamo il camper dietro alla Hallgrímskirkja e scendiamo per la via
Skólavörðdustígur (ci fosse una lettera normale in questi nomi impronunciabili).
Per la gioia di mio figlio, entro in tutti i negozi che incontro; non so
resistere... sono troppo incuriosita da tutti questi oggetti insoliti; mi
piacciono i dipinti naif che rappresentano paesaggi islandesi, i piccoli elfi
intagliati nel legno, gli animaletti in feltro, i maglioni, i cappellini, le
ceramiche e le pecorelle fatte di sassi incollati. Comprerei un sacco di cose, ma
trovo tutto troppo costoso... Passeggiamo per le vie del centro e curiosiamo
tra gli insoliti locali. Giunta l’ora di pranzo ci infiliamo da Prikið: un locale
menzionato da Tripadvisor. Servono hamburger e ne ordiniamo tre. Davide e Ale
rimangono soddisfatti, io invece sono stata gabbata perchè non era scritto che
oltre al manzo e al blue cheese nel mio panino c’era pure la marmellata di
fragole che nell’insieme mi fa veramente schifo!!!
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Ad Ale è andata decisamente meglio ma lo sta ancora digerendo... |
Ritorniamo al camper per
spostarci nell’area verde dove apprendiamo i nomi delle più svariate specie di
fiori piantati nel giardino botanico e facciamo quattro passi lungo ponticelli
bianchi che collegano idilliaci laghetti. Ci riposiamo su una panchina sotto
questo sole intenso e caldo.
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Non pensavamo di trovare un parco del genere in Islanda |
Un’ultima curiosità che voglio vedere è la
spiaggia geotermica di Nauthólsvik: una piccola spiaggia di sabbia dorata
attrezzata con una sorgente termale in modo che l’acqua sia sempre attorno ai
20°. La spiaggia non è granché e l’acqua per noi è decisamente fredda, ma la
vasca d’acqua calda sembrano invitanti... Peccato che siano ultra-affollate. Siamo
veramente stanchi... E’ giunta l’ora della consegna del camper. Come d’accordo
lo riportiamo dai suoi proprietari. Passiamo la sera in compagnia di Sigrún e
di suo marito. Ci offrono la cena a base di riso e latte condito con cannella e
zucchero, pane - tipo piadina - imburrato e ricoperto di fettine di agnello
affumicato (buono) e sanguinaccio (che non abbiamo il coraggio di assaggiare).
Chiacchieriamo per un po’ e ci ritiriamo nella nostra cameretta per una lunga
notte insonne (non siamo più abituati a dormire in un letto vero).
22 giugno
Sono le 5 e siamo già svegli come grilli. Come tiriamo le
7.30? Davide colto da un lampo di genio ci fa vedere in streaming un’interessante
e divertente puntata de “Il testimone” dedicata agli usi e costumi d’Islanda.
Finalmente è giunta l’ora della colazione!!! Stiamo a tavola e sorseggiando un
tè chiaccheriamo un po’ con i nostri unici amici islandesi. E’ purtroppo
arrivato il momento di lasciare la città: Sigrún e il marito ci accompagnano in
aeroporto. Purtroppo durante il tragitto ricevo un messaggio nel quale
Icelandair annuncia un ritardo di ben 6 ore sul volo... Increduli ci facciamo
comunque lasciare in aeroporto. Le cose stanno proprio così: sono le 9 e ci
tocca aspettare fino alle 17 prima della partenza! Che noia
infinita!!!!!!!!!!!! Quando l’aero decolla e sorvola un angolo di questa
meravigliosa isola mi scendono due lacrimoni, ma la vacanza prima o poi
termina, bisogna rassegnarsi... Così, dopo 4 ore di volo e 2 di fuso orario, alle
23 dall’alto del cielo nero scorgiamo le innumerevoli luci dell’interland
milanese. Eccoci nel super-affollato Nord-Italia!
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